I progetti di costruzione di stabilimento, anche spartani, in Italia e all’estero, prevedono in genere che su una pianta all’incirca rettangolare vengano realizzati capannoni per lo svolgimento dei processi produttivi, più o meno nascosti da palazzine uffici collocate all’ingresso, con “qualcosa” davanti.

Il “qualcosa” implica il sostenimento di spese iniziali e ricorrenti, la cui classificazione ai fini delle imposte dirette ha diretta rilevanza con il reddito imponibile.

Se, per fare un esempio, sul limite superiore della facciata fosse posta una lettera dell’alfabeto gigantesca corrispondente all’iniziale della ditta, dello stesso materiale della facciata e incorporata alla stessa, pochi potrebbero nutrire il dubbio che la relativa spesa farebbe parte integrante dell’immobile e ne seguirebbe classificazioni contabili e processi di ammortamento. Credo che non verrebbe nemmeno il dubbio che possa trattarsi di spesa pubblicitaria, ma se, invece di incorporazione nel fabbricato, si trattasse di un pannello mobile, magari illuminato, qualche perplessità potrebbe nascere proprio per l’avulsione dall’immobile, a prescindere dalla funzione, perché non potrebbe sostenersi un rapporto di “accessorietà” e di “seguito”, cioè un regime di accessorium sequitur principale.

Questa constatazione ci consente di considerare il rapporto di “accessorietà” come l’elemento che consente di classificare certe spese di natura incerta, prima facie.

Si verifichi ora come dal caso estremo di un’opera incorporata nella facciata si passi a opere esterne come: figure, strutture metalliche o in cemento (statue moderne); fontane; giardinetti, ecc., in genere collocate sul piazzale antistante l’ingresso.

Esaminiamo i tre casi indicati, che sono anche i più ricorrenti.

a) Una figura stilizzata, una struttura metallica o in cemento poste all’esterno fanno parte dell’immobile, non potendo esserci differenza con analoghe opere (e relative spese) realizzate in un atrio all’interno, la cui “accessorietà” all’immobile non verrebbe certo messa in dubbio.

b) Per una fontana valgono le stesse argomentazioni del caso a). È evidente che la spesa di costruzione è “accessoria” al costo dello stesso, come lo sono il piazzale e la ringhiera e che il relativo ammortamento segua quello dello stabilimento. Però, diversamente dal caso precedente, esistono spese di funzionamento (elettricità per il ricircolo, consumi di acqua, pulizia), che sono tipicamente costi di esercizio. Ma, annualmente e comunque periodicamente devono essere sostenute spese di manutenzione, che devono confluire nella categoria indistinta prevista dall’art. 102, comma 6, Tuir 917/1986.

c) Il giardino esterno. Anche in questo caso vale il paragone con quello interno realizzato all’ingresso e per il quale, come per la fontana, si distinguono spese iniziali da aggiungere al costo dell’immobile, spese di consumo annuali, come rasatura del prato, potatura, piantumazione di fiori annuali, pulizia, annaffiatura, trattamenti con fertilizzante, che costituiscono normali costi di esercizio e interventi di manutenzione straordinaria, come la sostituzione di piante perenni, che alimentano costi da classificare nella categoria ex art. 102, comma 6, Tuir.

Si può concludere considerando che le spese citate non possono essere trattate in blocco, ma è necessario distinguerle tra accessorie all’immobile e non accessorie, queste da distinguere a loro volta in spese di esercizio (per esempio: l’acqua della fontana) e di manutenzione, che sono ancora tali, ma alimentano il cumulo, che può far superare il valore del cinque per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili.

In relazione alla loro natura di tali spese può venire il dubbio che quelle di cui trattasi siano di rappresentanza. Contro tale ipotesi si possono sollevare almeno due obiezioni:

· è pur vero che le “spese di rappresentanza” sono quelle che sono sostenute al fine di creare, mantenere e accrescere il prestigio dell’impresa e di migliorarne l’immagine, senza dar luogo ad aspettative di incremento delle vendite; però, è innegabile che anche la facciata in vetro e acciaio, piuttosto che in vetro-cemento di minor pregio, resta una caratteristica dell’immobile e non diventa spesa di rappresentanza;

· la spesa di rappresentanza è un “costo di esercizio”, non di natura pluriennale, che tale diventa solo per finzione fiscale (art. 108, comma 2, Tuir 917/1986). Ma, un costo o un maggior costo di un’immobile per effetto della incorporazione di una fontana resta un costo pluriennale e pertanto non può diventare di esercizio per assumere la veste di spesa di rappresentanza. In altri termini: un costo di esercizio (spesa di rappresentanza) può diventare per imposizione fiscale un costo pluriennale, ma non viceversa per ritornare pluriennale sotto veste diversa (deducibilità per 1/15 per 5 anni, anziché per quota di ammortamento immobiliare del 3% annuo).

 

Nota Bene: Il presente articolo è stato scritto nel maggio 2005 e  ha trovato conferma indiretta nel parere 13 luglio 2005, n. 15 del “Comitato Consultivo sulle norme antielusive”, in “Il Sole-24 ORE”, 17.8.2005, pag. 21.

Pietro Bonazza