Rousseau, un santone dell’illuminismo francese che piace ancora tanto ai progressisti e ai politologi in cerca di definizioni fondative, chiude il capitolo ottavo del Contratto sociale con la definizione: « l’obbedienza alla legge che ci siamo prescritta è la libertà.» È difficile trovare una definizione più ingannevole, ma d’altra parte, tutta l’opera di questo svizzero di lingua francese è contraddittoria e non è da escludere che sia almeno in parte la spiegazione della sua fortuna. È probabile che un pragmatico inglese si chiederebbe se la locuzione “che ci siamo prescritta” abbia un senso o sia uno dei tanti “bidoni”, di cui è ricca la filosofia della politica. La distanza da spiriti come Machiavelli, con la sua realtà “effettuale”, e come Hobbes, con il “Leviatano” come minore di mali, rende Rousseau un pubblicitario di un’idea di “libertà democratica”, che può piacere a un Bobbio, ma non a chi è costretto a subire le angherie quotidiane di un sistema democratico retto su leggi che nessuno di noi si è prescritto, perché nessuno di noi ha mai firmato alcun contratto sociale. Non intendo fare l’elogio indiretto dell’anarchia, ma guardare ai rapporti sociali con occhio disincantato.
Le leggi o le abbiamo ricevute in eredità e in tal caso non ce le siamo prescritte noi, oppure le ha imposte oggi la maggioranza che ci governa e se noi facciamo parte della minoranza semplicemente le subiamo. In ogni caso il Rousseau ha torto. I roussoniani diranno che il loro “maestro” parlava in termini astratti e qualitativi e non si poneva i problemi della conta dei numeri ecc., tutte volgarità da lasciare ai contabili come noi. Può essere!
Però, noi disincantati, apoti, consci che la politica è acqua sporca da buttare senza il bambino dentro, accettiamo con realismo la democrazia, ma rifiutiamo le prese in giro delle definizioni dei chierici, soprattutto se di matrice illuminista.
L’Illuminismo è referente di totalitarismi non meno di quelli prodotti dall’Idealismo. Forse sono le due facce di una stessa medaglia e quando definiscono la “libertà” finiscono di darcene sempre un ritratto deformato.
L’errore fondamentale è quello di associare la libertà con la democrazia. La libertà non esiste. Esistono solo alcune libertà ben individuate e definite. La democrazia è solo un palcoscenico pieno di quinte: sappiamo ciò che avviene sulla scena, ma ignoriamo ciò che avviene dietro e chi sta nella buca del suggeritore e, se ci pensiamo un attimo, nemmeno la più bella delle scene ci affascina più. Rousseau era solo un attore e noi siamo spettatori disincantati incapaci persino di applaudire, perché sappiamo che non esistono quinte disabitate.